AUSILIARI
AUSILIARIO DEL I SECOLO D.C.
Sin dai tempi repubblicani, le forze armate che servivano Roma non erano composte esclusivamente da reparti formati da cittadini romani.
Le legioni erano affiancate da contingenti provenienti da città o stati alleati, che servivano sotto il comando superiore romano. Il sistema militare romano era basato sulle legioni composte da cittadini romani, a cui erano affiancate truppe di non cittadini.
Il termine con cui tali unità erano denominate era Auxilia (ovvero truppe ausiliarie, la scelta del termine denota che a tali reparti erano demandati compiti di supporto).
Di solito gli ausiliari servivano come truppe di frontiera e guarnigioni dei forti, alcuni servivano come forza di polizia o di vigili del fuoco.
Il reclutamento era regionale e i reparti conservavano nel loro nome una denominazione che richiamava la loro origine. Solitamente gli ausiliari provenivano da aree di recente conquista ma diedero quasi sempre prova di notevole lealtà, questo fu dovuto anche al fatto che i comandanti delle centurie e delle coorti ausiliarie erano cittadini romani, tratti dai migliori elementi delle legioni. Essere nominati centurioni o prefetti (questi ultimi erano i comandanti delle coorti ausiliarie) costituiva infatti una promozione e un importante riconoscimento per il servizio svolto all’interno di una legione. Prestare servizio come ausiliario garantiva la percezione di un salario regolare (anche se inferiore a quello dei legionari cittadini romani) e la concessione di importanti diritti.
Al termine del servizio (della durata di venticinque anni) l’ausiliario veniva congedato con un diploma di bronzo con il quale era conferita la cittadinanza romana per sé e i propri eredi, pertanto la militanza come ausiliario rappresentava un’opportunità per divenire civis romanus e garantire all’intero ceppo familiare una significativa promozione sociale.
Le truppe ausiliarie erano considerate di supporto (sicuramente vero nei casi di reparti formati da arcieri o frombolieri) ma Roma fece ricorso agli ausiliari anche per colmare una vistosa lacuna nell’organizzazione delle legioni: la cavalleria. Per questa arma, la cui importanza crebbe progressivamente durante l’Impero, l’apporto degli ausiliari era fondamentale. Furono formate unità ausiliarie di cavalleria (Alae) composte da cinquecento o mille uomini, e reparti misti di fanteria e cavalleria (questi ultimi erano considerati importanti e preziosi e il comando di un’ala di cavalleria era uno degli incarichi più ambiti anche per gli ufficiali romani provenienti dai ranghi più alti).
L’EQUIPAGGIAMENO E LE ARMI
Il personale delle unità ausiliarie era equipaggiato con armi e indumenti di origine locale solo in casi relativamente particolari, come quello degli arcieri orientali. Durante l’Impero, la tendenza alla standardizzazione dell’equipaggiamento coinvolse anche le coorti ausiliarie, i cui membri erano armati e vestiti in modo non particolarmente dissimile da quello dei normali legionari (certamente la qualità era in molti casi inferiore e vi potevano essere concessioni più o meno rilevanti al costume e alla tradizione locali).
Un tipico fante ausiliario del I secolo d.C. era armato con gladio e con giavellotto o lancia. L’elmo era una versione semplificata e di minore qualità rispetto a quello legionario, realizzato in bronzo, presentava un grado di rifinitura minore. Tipica sempre essere stata anche la forma dello scudo, di legno e a pianta ovale, molto più semplice rispetto a quello rettangolare delle legioni.
Per il resto non vi erano significative differenze: l’armatura poteva essere un semplice modello a maglia di ferro, mentre la tunica, mantello e calzature erano di disegno simile ai modelli legionari. Esistevano differenze riguardo ai colori di tali capi, che conservavano un aspetto che permettevano di riconoscere da lontano che si trattava di soldati ausiliari.
ARCIERE AUSILIARIO
Tra le caratteristiche più interessanti dell’esercito romano fu la presenza di truppe composte da cittadini non romani. L’organizzazione dell’esercito prevedeva anche il contributo di truppe costituite da soldati privi di cittadinanza romana, in età repubblicana erano le città e i popoli alleati di Roma a fornire contingenti che venivano inquadrati sotto il comando romano e impiegati come unità di supporto alle legioni, che rappresentavano il nucleo dell’esercito, e rimase i vigore anche in età imperiale.
Le truppe alleate erano inquadrate in alae sociorum, accanto ai contingenti forniti da stati alleati e strettamente legati a Roma, furono immessi nell’esercito anche soldati selezionati in base a loro specifiche abilità e provenienti da aree geografiche ben identificate. Si ricordano contingenti di questo tipo: frombolieri balearici, cavalleria leggera spagnola o africana, guerrieri non europei (celti o germani), arcieri cretesi o asiatici. Grazie all’arruolamento di tali contingenti di truppe specializzate, l’esercito romano poteva disporre di personale perfettamente addestrato a servire in ruoli specifici nel quali Roma era carente e priva di tradizioni.
GLI ARCIERI NELLE FILE ROMANE
Tra le più importanti lacune nel sistema militare romano era la mancanza di reparti di arcieri. L’arco godeva di scarsa considerazione in Roma e non fu mai un’arma ritenuta valida per costituire unità equipaggiate con essa, diverso era invece la situazione in Oriente, dove l’arco costituiva l’arma principale e interi popoli ne facevano il proprio strumento di guerra preferito. L’indifferenza da parte di Roma nei confronti dell’arco cessò quando le legioni romane entrarono in contatto con popolazioni asiatiche (furono sconfitti ripetutamente dai Parti che eccellevano nell’uso dell’arco e avevano sviluppato tattiche che ne consentivano un sfruttamento ottimale sia dalle truppe a piedi sia da parte dei cavalieri). Dopo lo scontro con i Parti fu deciso di dare impulso all’incorporazione di contingenti stranieri, prima di tutto cretesi e asiatici, arcieri specializzati. Solitamente, le unità di cittadini non romani che servivano come unità di fanteria o cavalleria venivano “romanizzate”, tale processo comportava l’adozione di equipaggiamenti e tattiche tipiche dell’esercito romano, perdendo ogni connotazione locale o tipica della loro origine. Nel caso di truppe specializzate i soldati che ne facevano parte conservavano tutte le loro caratteristiche “indigene”, a partire dall’armamento (che rifletteva la loro specialità) sino a giungere all’equipaggiamento e al costume.
Il caso degli arcieri le unità si distinguevano da tutte le altre truppe, si denotavano la loro origine orientale conservando l’abbigliamento tipico della regione di provenienza, spesso pittoresco.
Tipiche erano le tuniche lunghe sino al ginocchio o alla caviglie, riccamente decorate e tinte con colori brillanti, anche gli elmi erano riccamente decorati con fregi e bassorilievi e presentavano sovente il tipico coppo conico ad elevato allungamento caratteristico dei modelli orientali. L’arco era invariabilmente di fattura locale (realizzato con strati di legno accoppiati e tendine animale) mentre altre armi, come la spada, potevano esser del medesimo tipo in dotazione alle legioni, indossavano una cotta di maglia a protezione del corpo. Gli arcieri inquadrati nell’esercito romano avevano anche altre particolarità, erano solitamente organizzati in reparto omogenei, della consistenza di una coorte. Un altro importante elemento di distinzione era costituito dal reclutamento. I Romani seguivano abitualmente la pratica di reclutare le unità di ausiliari o di guerrieri specializzati nelle medesime province in cui avrebbero dovuto prestare servizio (salvo il caso della necessità di campagne che portavano lontano dai luoghi d’origine). Arcieri provenienti dalle regioni orientali potevano prestare servizio anche in altre regioni, quindi venivano solitamente pagati premi di arruolamento o un soldo più elevato.