Mangiar seduti o sdraiati

 

Gli Egiziani per mangiare si sedevano a tavola, dice Apollodoro citato da Ateneo. In Omero – e i suoi eroi hanno un buon appetito – Greci e Troiani mangiano seduti e su scanni separati. Nell’Odissea quando Ulisse giunge al palazzo di Alcinoo, il principe gli fa portare una sedia magnifica e ordina al figlio di fargli posto.

Furono il lusso e la corruzione dei costumi dell’antichità a portare i potenti a mangiare sdraiati. Cominciarono a dare l’esempio i Greci, come testimonia Erodoto che descrive un banchetto offerto dal tebano Ortagene, pochi giorni prima della battaglia di Platea (479 a.C.). In quell’occasione parteciparono come invitati, nel numero di cinquanta, il generale persiano con i suoi più illustri guerrieri, e per il pranzo vennero messi nella stanza cinquanta letti, su ognuno dei quali si sdraiarono un greco e un persiano.

 

Chi interveniva ai banchetti nell’antichità era ben consapevole della propria classe sociale di appartenenza: la posizione che si assumeva durante il pasto ne era un indice inconfondibile e nessuno pensava di dovervi rinunciare. Mangiare inclinati era la postura riservata ai cittadini liberi ed era proibita alle donne, ai bambini e agli schiavi. Questo è indicato anche nel Simposio di Senofonte dove il giovane in onore del quale si celebra il banchetto siede accanto al padre che invece mangia sdraiato. Sarà poi con l'impero romano, a causa del rilassamento dei costumi, che le donne beneficeranno frequentemente della stessa posizione degli uomini.

Anche testimonianze pittoriche fanno ritenere che nei banchetti ellenici ciascun commensale mangiasse disteso, appoggiandosi sul gomito sinistro, in un lettino leggermente inclinato (kline), con accanto un tavolo di piccole dimensioni.

Sia gli Etruschi che successivamente i Romani (seduti a tavola fino alla II guerra Punica 201 a.C.), copiarono quest’uso di mangiare distesi, come indicano le tombe etrusche e i mosaici delle domus romane.

I letti dei latini, molto più ampi di quelli greci, erano disposti lungo i tre lati di una stanza (triclinio), con al centro un grande tavolo.

I Romani stavano seduti soltanto nelle assemblee, quando discutevano d'affari, per ragioni di lavoro. Mangiava seduto solo chi aveva grossi pensieri. Per esempio, Catone l'Uticense, dopo la battaglia di Farsalo, per protestare contro la perduta libertà e la tirannia di Cesare, non fece lo sciopero della fame: mangiò seduto. I potenti si sdraiavano a tavola per "obbligo sociale", gli sgabelli venivano lasciati ai bambini, agli schiavi, ai campagnoli, ai clienti di taverne e alberghi.


Per i Greci il numero dei convitati ideali era dieci, perché numero rotondo, ma qualche volta gli ospiti potevano essere sette in onore di Atena dea della saggezza. Platone preferiva il numero ventotto, per omaggio a Febe (luce della luna), che compie il suo corso in ventotto giorni.Il numero di ospiti che prendevano parte ad un convivio romano, come ci informa Varrone, erano tre o nove quanti le Grazie e non più delle Muse. Augusto fondatore dell’impero romano, durante il cui regno la donna incominciò a prendere “posto” nella società, aveva abitualmente dodici uomini e dodici donne in ricordo degli dei e delle dee dell’Olimpo. Con il medioevo e l’arrivo dei barbari, anche nei convivi più raffinati si riaffermò l’uso del mangiare seduti.